Abbiamo intervistato Giulia Cavalieri, giovanissima ragazza italiana che ha recentemente concluso la sua esperienza alla pari in Irlanda.
Giulia ci racconta la sua storia, le difficoltà incontrate e la differenza tra la vita in Italia e in Irlanda.
- Ciao Giulia, raccontaci qualcosa di te: di dove sei, quanti anni hai, cosa fai nella vita?
Ciao! Ho 20 anni e sono di Milano. Ho intrapreso la mia prima esperienza all’estero come ragazza alla pari in Irlanda, dove mi sono trasferita circa un anno fa, dopo essermi diplomata.
- Parliamo della tua esperienza da ragazza alla pari in Irlanda. Per quanto tempo e dove hai vissuto?
Ho vissuto a Douglas, vicino a Cork, presso una famiglia che per 10 mesi mi ha ospitato e accolto come una figlia.
- Come hai trovato l’opportunità di diventare ragazza alla parti e come è nata questa idea?
Ho contattato diverse famiglie prima di scegliere, tutto tramite un sito internet che ti permette di trovare una famiglia ospitante a seconda delle tue preferenze ed esperienze. L’idea è nata l’estate dopo la maturità, in cui non avevo ancora ben chiaro cosa avrei voluto studiare all’università. così decisi di trovare una famiglia che mi ospitasse e partire. Non ero interessata ad una destinazione particolare, volevo semplicemente andarmene da Milano.
- Quali sono state le difficoltà e quali i lati più positivi dell’esperienza?
Ovviamente la principale difficoltà all’inizio è stata la lingua, è stato difficile esprimersi al meglio, ma in poco tempo è diventato tutto più semplice. Non ho incontrato particolari ostacoli durante la mia permanenza, riuscivo sempre a trovare i lati positivi di ogni situazione, in modo da non demoralizzarmi mai perchè affrontando una nuova realtà completamente da soli può capitare che ci si senta, appunto, soli. Basta sfruttare questa solitudine per potenziare le proprie capacità e scoprire i propri interessi.
- Quali sono le differenze principali tra la famiglia italiana e la famiglia irlandese?
Per quel che mi riguarda la famiglia che mi ospitava era più unica che rara, davano particolare attenzione alla crescita dei figli e al rapporto con i coetanei e con i membri della famiglia stessa. Ogni eventuale problema veniva affrontato subito. La mia situazione familiare è molto particolare quindi per la prima volta mi sono sentita parte di un nucleo familiare compatto. Il mio rapporto non era solo alla pari, diventavo una bambina quando bisognava giocare con le bambine, o al contrario dovevo prendere posizione di genitore quando era necessario. Mi sono sentita un po’ “mamma”.
Il concetto della famiglia è molto valorizzato: si organizzano attività tutti insieme, si dà molta importanza al singolo individuo, ma tutto questo svanisce quando i figli si ricostruiscono la propria famiglia. Intendo dire che non si instaura un solido legame con nonni, zii, cugini eccetera…
- Consiglieresti alle tue coetanee di intraprendere un’esperienza alla pari in Irlanda?
Si tratta di un’esperienza che va vissuta con tutta tranquillità. Non bisogna sentirsi vincolati alla famiglia scelta. Può capitare che au-pair e famiglia non vadano d’accordo, quindi nulla vieta di cercare un’altra famiglia alle esigenze della quale ci si possa adattare meglio. Consiglio comunque di provarci, senza paura, cogliendo un lato positivo anche dalle disavventure. Sarà comunque parte di questo bagaglio e di questa esperienza. Tornassi indietro lo rifarei. Ma non vedo l’ora di guardare avanti e intraprendere nuove esperienze all’estero.
- Quali sono i ricordi migliori dell’Irlanda che porti con te?
I ricordi sono tanti, ed è difficile scegliere quali siano i migliori. Sicuramente i momenti insieme alle tutte le persone conosciute, soprattutto con chi mi ha accompagnato dall’inizio alla fine; le risate con le quattro bambine di cui mi prendevo cura, le gioie che regalavano; i viaggi per visitare altre località irlandesi. Le piccole conquiste personali come spendere i soldi guadagnati dal lavoro con la famiglia o capire di aver migliorato l’inglese in modo esponenziale. Capitava ogni settimana di avere una cena insieme a tante altre persone a casa di amici, organizzavamo dei veri e propri meeting culturali. Si parlava, ci si confrontava, si imparava dalle varie culture e si mangiavano piatti tipici. Erano i momenti migliori. Era come crearsi una seconda grande famiglia.
- Hai incontrato tanti nuovi amici? Anche irlandesi o perlopiù italiani?
Ho conosciuto veramente tantissime persone. Sfortunatamente pochi irlandesi. Ho sempre cercato di evitare conoscenze italiane per parlare il più possibile in inglese e migliorare. Nonostante questo ho fatto conoscenze da ogni parte del mondo: Germania, Francia, Svezia, Repubblica Ceca, Austria, Corea, India, Canada, Stati Uniti e Brasile e così via…
- Cosa consiglieresti a chi è interessato a diventare au pair?
Come ho già detto, consiglio assolutamente questo tipo di esperienza, apre la mente, permette di avere prospettive oltre i confini. Non bisogna farsi abbattere dagli ostacoli di cultura e lingua, bisogna vedere queste differenze come una possibiltà e una fortuna. Sfortunatamente il lavoro alla pari in Irlanda non è tutelato da diritti e talvolta capita di trovarsi in situazioni disumane, di sfruttamento. Questo non significa che bisogna adattarsi ad ogni situazione che ci si trova davanti.
- Puoi descrivere l’Irlanda in una sola parola?
Bella. Non c’è parola più appropriata per descrivere l’emerald island. Semplicemente bella, in ogni suo angolo, per ogni goccia di pioggia, per le case, per le colline e il verde, per le coste, per la sua storia e per i paesini. Mozzafiato in tutto e per tutto.
Luca Cattaneo
Ciao Giulia!
Anche a me piacerebbe fare un’esperienza come au-pair in Irlanda.
Volevo chiederti se mi puoi dare il sito internet dove hai trovato la famiglia che ti ha ospitata. Grazie mille!
Contattami pure a questo indirizzo: [email protected]