Intervista ad Ivan, cameriere in Irlanda

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Ivan De Vita, originario di Amalfi e laureatosi in Editoria Media e Giornalismo nel 2010, oggi lavora come cameriere per un hotel di Dublino. Dopo due anni di collaborazioni con siti internet e media (tra le quali una con l’ufficio stampa del Comune di Amalfi), ha ottenuto  il tesserino da giornalista pubblicista. Ma, dice, per un’assunzione avrebbe dovuto aspettare 6-7 anni, perché erano tanti quelli che “erano in nero e attendevano il posto fisso”. 

Da questa situazione ha avuto origine il suo primo “arrivederci e grazie!”. Ivan si trasferisce così a Bologna a cavallo tra il 2011 e il 2012 per un corso di formazione professionale in Marketing e Comunicazione. Poi l’esperienza a Roma in un laboratorio di indagine audiovisiva, in cui si occupava di analizzare la qualità dei contenuti dei principali programmi politici su canali terrestri e satellitari. Il compenso? “500 euro al mese! Certo un bel successo rispetto alle mille proposte di stage ma con quelli a Roma a malapena ci pagavo una stanza…”.
Ivan dice che aveva bisogno di una svolta, di adrenalina, di nuova linfa. È così che è giunto in Irlanda.

Ciao Ivan, di cosa ti occupi?

Sono a Dublino da quasi un anno, un’esperienza nata e vissuta solo per migliorare il mio inglese. Lavoro in un luxury hotel come cameriere. Chiaramente non è quello a cui aspiro, ma non credo mi manchi l’umiltà e il sacrificio necessari per raggiungere gli obiettivi prefissati. Collaboro anche con una redazione on line (www.spazionapoli.it), con aggiornamenti h24 sul calcio Napoli. Restano loro il filo diretto con la mia passione. Un progetto serio e ambizioso, nato dalla goliardia di un gruppo di amici e divenuto ora un network di una certa rilevanza e visibilità a livello nazionale (comprende anche spaziojuve, spaziomilan e spaziointer). Ma soprattutto lì riscopro la genuinità dell’amore per la scrittura e il giornalismo senza scopi di lucro interessi di parte. Un’oasi felice in un mondo sempre più lugubre.

Perche’ hai lasciato l’Italia?

Perchè ad un certo punto ho dovuto scegliere se accontentarmi di una dimensione angusta e priva di stimoli o provare a 28 anni a rischiare qualcosina pur di sentirmi più realizzato. Un lavoro ce l’avevo ma non mi piaceva e non mi arricchiva. Un’esperienza all’estero avrebbe aperto i miei orizzonti, decorato il mio curriculum e aggiunto un requisito fondamentale al mio patrimonio di conoscenze: la lingua inglese. Chi non risica non rosica e se in mano hai un pugno di mosche hai il dovere di tentare. Nulla è perduto fin quando non si tramuta in rimorso.

Perche’ hai scelto l’Irlanda?

Il mio sogno era Londra, ma con l’inglese poverissimo che mi ritrovavo la vedevo una meta troppo dispersiva e mi sentivo spaesato al solo pensiero. Un vero salto nel buio, insomma. Ho avuto diversi cari amici che avevano trascorso esperienze di studio-lavoro a Dublino e ne parlavano entusiasti. Ho iniziato ad informarmi sul web seguendo forum e blog, ho capito che poteva essere il posto giusto. Biglietto prenotato senza troppi calcoli, ma ho trovato una host family e un corso d’inglese prima di partire. Si sono rivelate tutte ottime scelte.

Com’era il tuo inglese prima di partire?

Google translate dipendente. Purtroppo per mia sfortuna ho iniziato a studiarlo solo a 20 anni, cioè senza quelle pillolette che giorno per giorno digerisci tra scuole medie e superiori. Io avevo studiato francese per ben otto anni, con l’utilità che facilmente immaginerete. Insomma ho approcciato l’inglese prima da autodidatta e poi tramite qualche corso universitario ed extra per ottenere due idoneità. Forse solo quando il taxista mi accolse in terra irlandese in una giornata di vento e pioggia mi accorsi di quanto le mie conoscenze erano ancora in uno stato embrionale. Per me il tizio parlava aramaico antico.

Quali sono i punti  a favore della vita irlandese? E quali a sfavore?

Il rispetto delle regole innanzitutto. Il PPS number (un codice identificativo per chiunque voglia condurre una vita professionale in Irlanda) mi è arrivato a casa in tre giorni lavorativi dalla mia richiesta, non ho mai visto litigi agli sportelli e gli autobus sono sempre puntuali, magari perchè semplicemente si rispetta la corsia preferenziale. La cordialità delle persone che incontri ti fa sentire a tuo agio anche se fai fatica a comprenderli. Il lavoro è ben pagato (un qualsiasi laureato non guadagna meno di 2000 euro mensili), il regime fiscale è nettamente meno soffocante di quello italiano e c’è una meritocrazia della quale avevo appreso finora solo in termini teorici. Inoltre a Dublino c’è movida tutti i giorni della settimana, il peso della giornata lavorativa è tollerabile se la sera puoi svagarti bevendo una pinta e ascoltando buona musica live in un qualsiasi pub.

Difetti: le condizioni climatiche, anche se l’estate appena trascorsa è stata tra le migliori dell’ultimo ventennio. In fondo è anche un po’ un luogo comune. Fa freddo, ma non si gela. Piove, ma non senza tregua. In tante altre città europee l’inverno è molto più rigido. Il costo dei mezzi pubblici è spropositato rispetto agli standard italiani, almeno per quanto concerne gli autobus. Il costo della vita è abbastanza elevato (ai livelli più o meno di Londra), ma la politica salariale di cui parlavo prima riesce a giustificarlo. L’Irlanda è un Paese con una discreta estensione territoriale ma con una bassa densità demografica (circa 5 milioni di abitanti). Negli ultimi anni si è avviata una grossa immigrazione dai Paesi del sud Europa e sud America, causando un’impennata di prezzi nell’offerta immobiliare e una crescente saturazione sul piano occupazionale.

Cosa ti manca dell’Italia?

La mia famiglia, i miei amici, le piccole abitudini e l’aria di casa. Sul piano strettamente professionale non mi manca nulla. Nessuno ha mai deciso di puntare su di me e sulle mie abilità, sono abbastanza stufo di sprecare tempo per chi non lo merita. Eppure in Italia voglio tornarci, ma con maggiori credenziali di quando l’ho lasciata. E voglio riprendere a lottare, come ho sempre fatto. Fuggire è da codardi, ma fossilizzarsi sul nulla è da stupidi.

Che consiglio daresti a chi vuole venire in Irlanda?

Un ombrello tascabile, prima di tutto. Scherzo. Certo puoi uscire in una giornata di sole e ritrovarti bagnato fradicio nel giro di un quarto d’ora. Poi sicuramente consiglierei di viverla pienamente, anche meglio di come ho fatto io finora. Ci sono degli scorci mozzafiato nei quali si rischia seriamente di perdere il senso della realtà. Monitorate il ventre spartano di città come Dublino, Galway, Cork: la vita di un vecchio pub è intrisa di sangue antico e tradizione. Per il resto un’esperienza in terra straniera per essere tale deve durare almeno un anno. Un mese o due sono utili solo come ambientamento e si finisce per viverli come una semplice vacanza. Qui la multiculturalità è all’ordine del giorno. Va scovata, pedinata, azzannata se possibile. Un lavoretto, anche se con un po’ d’affanno, lo si può trovare e ovviamente le aspirazioni sono proporzionali alle qualifiche vantate e alla padronanza della lingua. Non lasciatevi soggiogare dalla rassegnazione, aprite nuovi varchi nella vostra precarietà. Provate, una volta nella vita, la soddisfazione di non ricevere l’ennesima porta sbattuta in faccia. Provate, una volta nella vita, a dire voi “Arrivederci e grazie!”.

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